I Santi Protettori

“Sisinnio, Martirio e Alessandro”

In Trentino uno dei culti cristiani più antichi è sicuramente quello dei loro primi evangelizzatori: Sisinnio, Martirio e Alessandro.
La loro esistenza pare storicamente certa: troviamo infatti loro riferimenti nelle lettere di San Vigilio, vescovo di Trento, e negli scritti di Sant’Agostino e di San Massimo di Torino.
Di Sisinnio, Martirio e di suo fratello Alessandro (questi ultimi originari della Cappadocia) si hanno le prime notizie all’epoca dell’episcopato di Sant’Ambrogio, il quale li nomina catecumeni.
Il santo vescovo li aveva vivamente raccomandati a Vigilio, il quale al momento aveva scarsità di evangelizzatori nella sua diocesi.
Ambrogio aveva completato la formazione dei tre giovani impartendo loro egli stesso il battesimo. Questi incaricò i tre missionari di evangelizzare le Alpi Tirolesi ed in particolar modo l’Aunania, ovvero l’odierna Val di Non, affidando a Sisinnio il ruolo di Diacono, a Martirio quello di Lettore, mentre al minore Alessandro il ruolo di Ostiario.
Naturalmente, incontrarono non poche opposizioni alla loro opera, ma nonostante ciò riuscirono a portare un numero considerevole di persone alla fede in Cristo. Sisinnio, in particolare, promosse l’edificazione di una chiesa presso Methon (Medol). Il martirologio romano ricorda in particolar modo che essi furono i primi ad introdurre l’uso dei cantici di lode al Signore.
I tre giovani molto probabilmente erano asceti, e ancora più plausibile è pensare che essi fossero monaci: conducevano una vita comunitaria, e lo stile del loro apostolato era davvero singolare per l’epoca, caratterizzato da un trittico pre-benedettino/francescano: “tacere-pregare-operare”.
Di sicuro questo atteggiamento aveva maggiormente insospettito gli abitanti dell’Aunania. Infatti, non dobbiamo dimenticare che i tre giovani erano stranieri, i quali predicavano un dio sconosciuto e che, a detta loro, inspiegabilmente, attirava l’attenzione e l’interesse di molte persone tanto da poter formare in poco tempo una vera e propria comunità.
È facile immaginare come i pagani del luogo fossero sempre più adirati per l’adesione di “copiose folle” alla dottrina cristiana, sottratte così all’adorazione degli antichi dei, in particolar modo alla divinità locale: Saturno. Essi tentarono prima di convincere i neo-convertiti al cristianesimo a partecipare a cerimonie politeiste, riscontrando però un netto rifiuto.
Nel predisporre la tradizionale processione lustrale delle Ambarvalia (una festa pagana di carattere agreste), rito che veniva celebrato nella seconda metà di maggio, durante la cerimonia i sacerdoti pagani avrebbero sacrificato un animale, che ogni anno veniva messo a disposizione da una famiglia estratta a sorte. Quell’anno toccò ad una famiglia che si era da poco convertita. Questi naturalmente si rifiutarono di offrire un animale per il sacrificio pagano, innescando così la violenta reazione dei pagani. Tra le offese, la rivolta assunse presto toni violenti. I tre missionari intervennero per sedare la protesta, ma non ottennero buon esito.
Sisinnio, il più anziano e il più autorevole, si espose in prima persona per cercare di sedare gli animi, ma con il risultato di essere colpito da una scure e addirittura con una tromba. Portato prontamente in casa per essere assistito, e forse con la speranza che la notte portasse buon consiglio a tutti placando gli animi, nelle prime ore del mattino seguente invece, al sorgere dell’aurora, la turba dei pagani irruppe nella stanza trafiggendo con lance Sisinnio, uccidendolo definitivamente.
I due fratelli Martirio e Alessandro furono catturati successivamente, dopo essere stati sorpresi in chiesa: Martirio nel giardino adiacente alla chiesa dove si era rifugiato, e Alessandro nell’ospizio stesso. Il più anziano dei due fratelli venne ucciso direttamente con pali acuminati, mentre il più giovane fu lasciato in vita. Alessandro venne però legato per i piedi assieme ai corpi dei suoi due compagni ad un cavallo e, dopo essere stato trascinato per le viuzze del villaggio, venne condotto davanti alla statua di Saturno. Qui i corpi di Sisinnio e Martirio vennero gettati direttamente nel fuoco, alimentato con le travi della chiesetta distrutta, mentre Alessandro, ritto, rinnovò la testimonianza della sua fede rifiutando il tradimento in cambio della vita, e così ottenne di essere gettato anche lui, vivo, tra le fiamme.
Era il 29 maggio 397.

San Vigilio, concludendo una lettera inviata al nuovo vescovo milanese, San Simpliciano, scrisse: «…il giorno del martirio dei santi è il 29 maggio, di venerdì, all’alba, giorno propizio ai martiri fin dalla morte del Signore…».
A Trento, Vigilio vide, nel giorno del martirio dei giovani, trasfigurate grazie all’intervento dello Spirito Santo, salire al cielo le anime dei martiri accompagnate da angeli. Egli si diresse verso l’Aunania con un diacono, a piedi nudi. Vegliò e pianse sulle ceneri dei santi. Ne raccolse i resti ancora fumanti e li portò a Trento per riporli nella basilica da lui costruita, ma avendo in animo di costruirne un’altra in Aunania, spaziosa e solenne, una grandis basilica sul luogo del loro martirio, come scrive ancora nella lettera a Simpliciano. Il vescovo di Trento mandò in un secondo tempo le reliquie dei martiri a Milano e a Costantinopoli, dove vennero accolte da San Giovanni Crisostomo.
Ancora oggi le reliquie vengono conservate nella Basilica di San Simpliciano del capoluogo lombardo.
La tradizione popolare ritiene quale scena del martirio la località di Mecla, oggi Sanzeno. In questa località venne costruita una basilica (San Zeno) in loro ricordo, attualmente gestita da una comunità francescana insieme al vicino eremo di San Romedio.
Le loro ceneri furono traslate a Trento per volontà dei fedeli, mentre sul luogo del martirio venne eretta una chiesa in memoria.
Nel 1997, nel 1600° anniversario della loro morte, le loro reliquie hanno visitato in pellegrinaggio tutte le parrocchie del Trentino.
Alla figura dei tre martiri è collegata anche una vicenda relativa alla battaglia di Legnano, ancora oggi rievocata negli Onori al Carroccio.
La storia ci racconta che le genti lombarde, alla vigilia della battaglia, rivolsero le loro preghiere ai tre martiri. E fu così che nel momento dello scontro delle milizie milanesi contro quelle del Barbarossa, tre colombe, bianche come mai viste sino a quel momento, uscirono dalla chiesa di San Simpliciano (dove erano e sono custodite le reliquie dei martiri) per dirigersi verso Legnano e posarsi sulla croce del Carroccio, rimanendovi fino al termine della battaglia. Molti videro nelle tre colombe i tre Martiri, altri affermarono di aver poi assistito alla fine della battaglia, alla metamorfosi dei volatili nello spirito dei martiri ascendenti al cielo.
Era il 29 maggio 1176.

Post Scriptum:
I tre Martiri Anauniani fanno da sempre parte della storia della città di Legnano, inizialmente come santi dedicatari di un’antica chiesa in Contrada Legnarello, e a partire dal 1911 della chiesa di Contrada de La Flora.